sabato 22 novembre 2008





Giovedì 20

Dopo aver visto le abluzione oggi ci siamo fermati a lungo presso il ghat Harishchandra, questo insieme al Manikarnika, è l’unico dove vengono praticate le cremazioni.

I corpi arrivano trasportati su una barella, sono avvolti in una specie di lenzuolo e ricoperti di carta argentata e ghirlande rosse e arancioni, vengono portate ai bordi del fiume e qui immerse, poi sono adagiate in attesa che la pira sia pronta.
A questo punto vengono tolte le ghirlande e la carta argentata e si mettono sulla pira, che poi viene ricoperta di un altro strato di legna; infine il parente (in genere lo si distingue perché è rasato totalmente tranne un piccolo ciuffo dietro la nuca ed è avvolto da una specie di sudario bianco), accende la pira.
Naturalmente sia prima che durante e dopo vi sono tutta una serie di riti di difficile comprensione, tipo girare cinque volte intorno alla pira prima di darvi fuoco.

Naturalmente non abbiamo scattato foto per rispetto.

Sorvolo sulle scene a cui abbiamo assistito perche’ molto crude.







Mercoledì 19

VARANASI

E’ sera quando arriviamo a Varanasi, per arrivare ai ghat, dove abbiamo l’albergo, dobbiamo attraversare la città nuova, la parte centrale ed introdurci nella città vecchia; lo spettacolo è il solito, un India tutta “rotta”, fatiscente, sporca e con un traffico indescrivibile.

Alla fine però arriviamo ai Ghat e incominciamo la nostra visita a quello che è il posto più sacro di tutta l’India, la sponda del fiume Gange dove si affacciano numerosi i ghat, ovvero delle scalinate che consentono alla gente di scendere al fiume, molti dei quali sovrastati da palazzi monumentali, anche se spesso abbandonati e fatiscenti.

L’impressione è affascinante, anche se non c’è la folla delle cartoline, in pratica quella che abbiamo visto a Pushkar. Per certi versi assomiglia Venezia, con questi edifici che si specchiamo nell’acqua fino a finirvi dentro.

La sponda con i ghat è lunga svariati chilometri, e, soprattutto di sera, da’ l’impressione di qualcosa di monumentale e decadente.

Di fatto le costruzioni così imponenti sono dovute al fatto che, quando ci sono i monsoni, il fiume sale di parecchi metri ricoprendo interamente le scalinate.




Il cane indiano

Nei vari luoghi che abbiamo visitato abbiamo incontrato un solo tipo di cane, che chiamiamo il “cane indiano”, non esistono infatti barboncini, Labrador, pastori tedeschi o chissà quale altra razza. Questi sono randagi, ben tollerati dalla popolazione, che, a causa dell’elevato concentrazione di mezzi nelle strade, circolano di notte e dormono di giorno.
Abbiamo visto molti cuccioli in giro, segno che la tolleranza è alta anche verso questi animali.








I Bambini

Poiché tutti reclamavano continuamente la nostra attenzione ci siamo sbizzarriti a fotografarli.
In particolare un’ottima impressione la facevano gli studenti, tutti con la divisa, diversa a seconda del tipo di scuola, ma molto puliti ed ordinati, chissà che non siano davvero quelli che cambieranno l’India (personalmente su questo argomento ho molte perplessità).

(il ragazzo al lavoro fa parte di una comunità mussulmana molto efficiente, certo lavora duramente e per poche rupie, ma insomma queste sono cose note).

giovedì 20 novembre 2008



Martedì 18


E’ mattina presto, troviamo il nostro scompartimento chiuso, con un po’ di fantasia superiamo l’inconveniente e ci adattiamo nel vagone completamente vuoto; destinazione Delhi e da li in aereo Varanasi.

Mercoledi 19

Siamo a VARANASI.












Lunedì 17

Certamente immergersi nello stile di vita indiano può essere interessante ma è anche molto faticoso; per questo decidiamo di prenderci una giornata di rilassamento e organizziamo una gita a Fatehpur Sikri, città che fu capitale dell’impero moghul per un brevissimo periodo prima di essere abbandonata per penuria d’acqua.

Il sito è davvero bello e ci permette di passare alcune ore in un ambiente tranquillo lontano dal caos indiano; ma poi scendiamo giù in quella che è l’attuale cittadina e siamo travolti da un mare di persone in quantità “indiana”, qui scopriamo un cuoco di “Samosa” (frittelle triangolari ripiene di un misto vegetale e accompagnate da salsa piccante) che, un po’ come gli ultimi standard igienici occidentali, mette in mostra la .\sua cucina, in pratica una grande padella ripiena di olio purissimo dove vengono cotte queste prelibatezze.

La cosa bella è che ci muoviamo liberamente in una folla di indiani come fosse la cosa più naturale, tutti sono molto educati e non ci importunano minimamente permettendoci di girare a nostro piacimento.

Roberto rifiuta il mio suggerimento di provare un altro mezzo di trasporto, ovvero sopra un bus, e rientriamo con il nostro taxi ad Agra.

Risolto un piccolo inconveniente ricorrendo ad una sartoria locale, ci concediamo una cena al ristorante tedesco / israeliano (?) per prepararci alla nostra ultima meta: Varanasi.


domenica 16 novembre 2008

Video di PUSHKAR








TAJ MAHAL








Domenica 15
Nel disperato tentativo di raggiungere Khajuraho decidiamo di lasciare Jodhpur fin dalla mattina di sabato, infatti non abbiamo trovato posto sul treno notturno. In effetti abbiamo riscontrato, a nostre spese, che, se si vuole viaggiar bene su un treno indiano, è indispensabile prenotarlo con un forte anticipo.
Inaspettatamente troviamo alla stazione un segno tangibile dell’affetto verso di noi da parte della città, infatti ci mandano una piccola banda a salutarci; la cosa ci commuove ma decidiamo lo stesso di partire.

Ed eccoci ancora una volta sui treni indiani! E’ necessario infatti, se si vuole penetrare la realtà di questo popolo, usare quello che è il loro mezzo di spostamento preferito; purtroppo Roberto non accetta il mio consiglio di provare a fare il viaggio (12 h. e mezza) sul tetto, temendo di peggiorare il proprio stato di salute, così ci accomodiamo all’interno in comode cuccette dotate di lenzuolo e cuscino.

Piccola nota: i treni sono davvero a misura d’uomo, vanno piano, si possono prendere tranquillamente in corsa, ogni tanto si fermano consentendo ai passeggeri di scendere a sgranchirsi le gambe e fare una chiacchierata, infine spesso viaggiano con le portiere aperte, almeno quando la velocità è ridotta.


Troviamo alloggio in un hotel “molto pittoresco” nella vecchia città (hotel HOST – vedi foto) che mette a dura prova le nostre capacità di adattamento, e ci prepariamo per la nostra visita al monumento simbolo dell’India.


Si, siamo giunti nell’Uttar Pradesh, ad Agra, e quello che potrete vedere qui accanto è proprio lui,
il TAJ MAHAL, un mausoleo imponente e di un colore diafano, splendido nella sua marmorea bellezza.
(Un monumento costato moltissimo, ma certamente l’imperatrice se lo meritava visto che è morta durante il 14°, dico quattordicesimo, parto)


Al Forte di Agra possiamo arricchire la nostra collezione di animali esotici con dei piccoli pappagalli verdi e con il becco rosso; scorazzano dappertutto, anche fuori il forte e danno l’idea di essere in sudamerica.

venerdì 14 novembre 2008

Anche se con un poco di ritardo inseriamo alcuni video che abiamo ripreso durante questi giorni.





Venerdì 14
Jodhpur, la città blu.

Una piacevole Guest House nel cuore della vecchia città è il nostro punto di arrivo, da qui, raccolte un po’ di notizie, ci mettiamo in moto alla volta del Forte Merengarh, concedendoci un intermezzo turistico, fortemente attratti dalla bellezza di questo monumento.
Bellezza davvero notevole che, unita ad un’efficienza tedesca, ci permette di passare una piacevole mattina all’interno di questa antica dimora di Marajah. Qui peraltro il servizio è così efficiente che ci vengono forniti degli audio che spiegano tutto per filo e per segno e, per giunta, anche in italiano.

Ma poi ci rituffiamo subito in mezzo alla folla ed andiamo al Sandar Market, in mezzo ad una folla incredibile, dove si vendo di tutto nel caos più incredibile. Solo degli ottimi Lassi ci permettono di recuperare un po’ di forze, il caldo è forte e voglia di mangiare non ne abbiamo.
Giovedì 13 Jasailmer è indubbiamente lontana, all’estrema periferia del Rajasthan, ma la sua bellezza attira frotte di turisti e, immancabilmente, una schiera di suonatori, mercanti, e anche giovani funambolisti. Così, nostro malgrado, siamo spesso circondati dai personaggi più strani, disposti a travestirsi nei modi più incredibili, secondo gli stereotipi più noti, per soddisfare le voglie del turista dallo scatto facile in cambio di una piccola donazione. Ci addentriamo nella città, ormai completamente esterna al forte, dove il traffico è più sostenuto e scopriamo che anche qui la sicurezza è un optional, nessuno porta il casco e il numero di occupanti di una moto è determinato solo dalla loro capacità di stiparcisi sopra. “Catturati” da un mercante siamo ospiti di un indiano estremamente gentile e colto che ci fornisce molte interessanti notizie su Jaisalmer, in cambio decidiamo di fargli una donazione (di cui però non conosciamo l’entità), acquistando alcuni gioielli. Ma il tempo stringe e ci avviamo alla stazione alla volta di Jodhpur, naturalmente compenetrandoci fino in fondo nel modo di vivere indiano, con i loro tempi, al punto che per fare i biglietti impieghiamo più di un’ora; per fortuna che un lustrascarpe, fin troppo attento alle carenze delle nostre scarpe e valige, si offre di sistemare tutti i nostri problemi, perfino di cucirci una tasca bucata.